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MOCO Museum: il museo irriverente di Barcellona

Città moderna, cosmopolita ed europea, Barcellona, ad un turista appassionato d’arte, offre soltanto l’imbarazzo della scelta: dalla notissima Casa Batlló, passando per Parc Güell e la Sagrada Familia senza dimenticare la fondazione Mirò ed il Museo Picasso.

Nel mio ultimo recente soggiorno a Barcellona, dopo una splendida passeggiata sul lungomare della Barceloneta e di Port Vell, ad irretire la mia attenzione, a due passi dal Museo Picasso, quasi per caso, è stata un‘altra piccola perla di questa incredibile metropoli.

Il Moco Museum (Museum of modern and contemporary art), piccolo museo indipendente, si trova in uno splendido palazzo (Palacio Cervelló) del tardo medioevo ( ca 1400 d.c.) in uno dei quartieri centrali e più in voga della città. Come dice già il nome stesso del museo, vi si possono trovare ed ammirare opere d’arte moderna e contemporanea. Soltanto, a posteriori, ho scoperto che quella di Barcellona non è l’unica sede e, ne esiste, una precedente e più grande ad Amsterdam.

Passando vicino al museo, quasi per caso ho dato un’occhiata al cortile interno e lo stile colorato, amichevole e gioioso del museo mi ha subito incuriosito attirando il mio interesse. Il personale giovane, dinamico e, in alcuni casi, decisamente attraente, mi ha spinto definitivamente ad entrare e visitarlo.

Dalla prima impressione che suscita e dando un’occhiata al sito web è evidente come l’ambizioso movens di questo museo sia quello di rendere l’arte accessibile a tutti ed in particolare avvicinarvi i più giovani come i millenials e la generazione Z.

La scelta di un palazzo medievale potrebbe apparire stridente ed innaturale per ospitare opere d’arte moderna e contemporanea. Invece, appena iniziata la mostra, ci si rende conto della perfetta armonia tra l’edificio, sede dell’esposizione e gli oggetti d’arte all’interno, creando così le condizioni ambientali perfette per ammirare ed apprezzare quanto esposto.

Inoltre si mostra palese la decisione di optare per un linguaggio artistico essenziale, semplice e diretto per irretire l’attenzione del visitatore e stimolarne al contempo fantasia e sensi. La strutturazione espositiva del museo così consente al visitatore di proiettarsi dentro l’opera d’arte attraverso un percorso visionario e basato su aspetti percettivi cercando di ridurre la “distanza” tra l’ospite e l’opera in esposizione.

Le opere esposte, alcune molto irriverenti e provocatorie, altre invece immaginifiche, surreali e psichedeliche sono tutte, a mio parere, straordinarie per le capacità che hanno di stimolare l’interesse dell’osservatore e di portargli domande esistenziali e profonde. Tra gli artisti esposti, alcuni estremamente noti, possiamo annoverare: Andy Warhol, Jeff Koons, Keith Haring, Salvador Dalì, Basquiat, Banksi e David Lachapelle, Hayden Kays, Nick Thomm, Studio Irma, Yayoi Kusama, Guillermo Lorca, Kaws and JR.

Una tela rosa con scritto “if you think sexuality is a choice, how do you explain the fact that women still like men?”; quest’opera di Kays, secondo me geniale, sarcastica, irriverente, ha attirato per prima e più di altre la mia attenzione. Ho pensato istintivamente che fosse stata creata da una donna ed invece ho poi scoperto che è un lui l’autore di questa provocatoria tela. Hayden Kays è un giovane artista britannico di 36 anni, influenzato culturalmente sia dalla street art che dalla pop art. Consolatorio, ho pensato, alle donne piaceranno ancora gli uomini per personaggi come lui, rassegnandomi quando ho scoperto che è omosessuale.



Tra le tante splendide ed irriverenti opere esposte, un’altra che ha attirato la mia curiosità è “The Last Supper” di David Lachapelle: caustica, beffarda, pungente ed un po' blasfema come piace a me; questa parodia della famosa ”Ultima Cena” di Leonardo non può non stimolare le menti brillanti, aperte e dotate di spirito critico.



Metamorphosis” psichedelico e coloratissimo lavoro di un giovane “graphic designer” australiano, Nick Thomm, è posizionato ad angolo in una delle stanze del piano terra. Questa tela ti ipnotizza, ti attira a sé, e ti spinge verso di lei, dandoti la sensazione di volerti risucchiare al suo interno. E’ difficile distoglierne l’attenzione, ti tiene lì, in un vortice di tonalità estremamente vivaci ed accattivanti che vanno dal blu cupo dell’estrema sinistra al rosso intenso dell’estrema destra.



In alcuni casi, le opere di alcuni artisti sono raccolte tutte nella stessa stanza ed è questo il caso dell’artista cileno Guillermo Lorca Garcia-Huidor. Fiabesche, commoventi ma, allo stesso tempo, sconcertanti, queste tele pongono il focus sul rapporto tra uomini ed animali, sull’adattabilità degli esseri viventi, sulla loro resilienza ma anche su loro disagio. I soggetti dei dipinti, principalmente bambini e animali, ritratti in ambienti bucolici, danno un senso rassicurante, quasi infantile, di serenità, di pace, di quiete. Questa sensazione, progressivamente, però, si trasforma presto in qualcosa di grottesco, e, infine, in un incontenibile sensazione di sgomento e di forte angoscia.



La mostra si chiude con la splendida esperienza di arte immersiva realizzata dall’artista olandese Irma de Vries. L’arte immersiva si caratterizza per la possibilità di sperimentare attivamente l’arte. Per fare questo, si serve della moderna tecnologia e di strumenti digitali, consentendo all’appassionato d’arte di essere completamente immerso all’interno dell’opera d’arte.

Questa dinamica creazione artistica, grazie ad una ricercata alternanza di luci, colori, suoni e musiche non stimola soltanto lo sguardo ma un po' tutti i sensi. Grazie proprio ad un accurato e stimolante gioco di illusioni, fenomeni percettivi e richiami onirici, il visitatore si percepisce attivamente parte dell’opera e prende coscienza dell’arte come qualcosa di vivo, di più vicino e di accessibile a tutti.



Come avrete capito vi ho descritto solo le opere che più mi hanno colpito privilegiando peraltro artisti meno conosciuti e poco noti, proprio per sottolineare lo spirito di questo piccolo Museo indipendente che appare proiettato al futuro, giovane e soprattutto aperto alle novità ed alla promozione di artisti giovani e promettenti. Non sarà facile realizzare l’ambizioso progetto di rendere l’arte accessibile a tutti ed in particolare avvicinare le nuove generazioni, sottoposti costantemente ad un’iperstimolazione sensoriale ma, di certo, il Moco ha iniziato molto bene. E, come dice il proverbio, chi ben comincia, è a metà dell’opera.








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