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Le armonie geometriche di Serena Barbieri

Aggiornamento: 2 mag 2022

Oggi vi parlo di una giovane artista Italiana, Serena Barbieri (https://serenabarbieri.art), le cui opere astratte fatte da linee e forme semplici mi hanno immediatamente affascinato. Come dice lei stessa, i suoi quadri vogliono comunicare tranquillità e armonia, ed è quello che ho ritrovato. Serena è stata molto disponibile e ci ha concesso una bellissima chiacchierata per illustraci i suoi punti di vista e le sue ispirazioni.

Ciao Serena, potresti gentilmente presentarti ai nostri lettori? Come ti sei avvicinata all’arte?

Sono Serena Barbieri, spezzina di nascita ma cresciuta del verde Mugello, vicino a Firenze. Ho conseguito la laurea in Scienze Biologiche a Firenze ma subito dopo ho deciso di cambiare percorso. Mi sono trasferita a Venezia per studiare Arti Visive e Multimedia allo IUAV e successivamente sono arrivata a Porto, in Portogallo, dove ho conseguito un master in Pratiche Artistiche Contemporanee presso la Faculdade de Belas Artes dell’Università di Porto. Il mio primo contatto con l’arte lo devo a mio nonno Giancarlo, che è un pittore, e quando ero piccola lavorava come decoratore nella falegnameria di famiglia, dove realizzavano mobili artigianali in stile fiorentino. A volte accompagnavo mio babbo a bottega ed è stato in quei momenti che passavo il mio tempo ad osservare mio nonno disegnare, dipingere sui mobili, creare delle tinte colorate speciali, eseguire le laccature dorate e tante altre tecniche antiche e preziose. In quella bottega l’arte si fondeva con il saper fare dell’artigiano e con la brillantezza dell’alchimista. Forse è per questo che tuttora adoro creare le mie proprie tinte mischiando gl’ingredienti necessari ed assemblare le mie tele.


Cosa ti ha portato a stabilirti in Portogallo? Cosa ami maggiormente di questo Paese?

Dico sempre che sono arrivata a stabilirmi in Portogallo per caso, o almeno non era nei miei programmi originali. La prima volta che ho visitato Porto era l’estate 2013, in occasione di un viaggio per festeggiare la mia prima laurea. Non vi ho passato molti giorni ma ho sentito che era una città in fermentazione, un luogo in cui stava succedendo qualcosa e un certo processo di rinnovazione era in corso. Nel 2015 stavo frequentando lo IUAV a Venezia e mi sono trovata a dover scegliere la mia meta Erasmus. La scelta era tra Berlino e Porto, quindi tra la città “in” rinomata e alla moda (soprattutto per artisti e creativi) e Porto, città lontana, alla quale onestamente non avevo più pensato molto. Una volta dopo lezione chiesi l’opinione a uno dei miei professori, l’artista Luca Trevisani, che all’epoca viveva tra Berlino e l’Italia. La sua risposta fu lapidale “Berlino è satura, semmai dovevi andarci dieci anni fa”. Ok, così decisi di andare a Porto. E sono già passati sette anni da quel giorno! Voglio bene a questa città per le possibilità e le esperienze che mi ha offerto finora. La cosa che amo di più di questo paese è soprattutto il ritmo della vita e la cordialità. Per la strada, nei bar, al supermercato, ovunque, le persone sembrano meno nervose che in Italia, poi certo anche loro avranno i loro problemi, ma in linea generale tutti sembrano più rilassati. I portuensi sono molto autoironici e possiedono un fortissimo senso di fierezza e di appartenenza alla città (toccategli tutto ma non il Porto FC!). É uma cidade que oferece abrigo, è una città che offre un riparo sicuro a chi vi passa durante il suo viaggio.

Ad esempio, qui dopo pochi giorni che frequenti un bar, ti trattano subito come un amico, ed anche quando ho avuto bisogno di aiuto per la mia attività, nel comprare colori o attrezzature, pur non conoscendo molto bene la lingua, ho sempre trovato grande volontà nell'aiutarmi. Questo mi fa sentire bene e mi aiuta sia nell'attività artistica sia nella vita quotidiana.


Sei laureata in biologia, come hanno influito, o come influiscono ancora, gli studi scientifici con la tua espressione artistica? La biologia ti è di ispirazione del disegno delle forme che realizzi?

Aver preso la laurea in biologia è stata una delle maggiori soddisfazioni della mia vita. Non è stato un percorso semplice ma le conoscenze acquisite, il metodo di studio, la dedizione al lavoro, il pensiero e l’approccio scientifico, che adesso mi appartengono, non hanno prezzo. Il lato scientifico fa ancora fortunatamente parte di me ed è grazie a questa attitudine che da sempre realizzo e caratterizzo i miei lavori. Se qualche anno fa l’approccio scientifico mi permetteva di classificare, categorizzare gli oggetti oppure creare i sistemi tridimensionali delle installazioni, oggi mi trovo dentro un discorso bidimensionale più vicino alle illustrazioni schematiche, ad esempio, dei sistemi e delle macchine molecolari. Le forme che utilizzo sono le forme geometriche di base, appartengono a tutti, ciò che m’interessa è creare delle serie di sistemi in cui questi elementi siano in armonia tra di loro, che formino delle sequenze visive logiche o che perlomeno abbiano senso per me.


Il tuo stile, soprattutto nelle opere più recenti, si distingue per l’utilizzo di molte forme “semplici” che creano un insieme complesso, puoi spiegarci i tuoi sentimenti legati alle tue opere?

Le forme semplici come il quadrato, il cerchio, il triangolo, il rettangolo, le linee rette e curve, sono gli elementi di base per iniziare una qualsiasi costruzione. Successivamente si fondono, si accoppiano, si distaccano, si ricombinano e si organizzano dando vita ogni volta a nuovi sistemi visuali e le possibilità sono infinite. Nell’arte come nella vita, non mi piacciono i fronzoli e i discorsi con troppe parole, ciò che cerco è semplice, essenziale e potente. Le mie costruzioni sono “buone”, cercano di trasmettere sensazioni positive, pace e non caos, vita e non morte. Mentre lavoro a un dipinto, sto calcolando a mente le relazioni di forza ed equilibrio tra gli elementi, dispongo e manipolo le condizioni per arrivare a certe simmetrie, prevedo ed esperimento le combinazioni dei colori, sento il mio cervello pieno di energia in una perpetua carburazione.

Mi piace pensare e sapere che chi si trova ad osservare un mio quadro, riceva una sensazione di calma, di tranquillità e di piacevolezza, non voglio comunicare ansia o sentimenti di agitazione.


Ho visto che in passato hai realizzato anche sculture, collages ed installazioni, mentre adesso sei più orientata alla pittura. Nella pittura hai trovato il modo migliore per esprimerti o nel futuro prevedi di sperimentare altre forme d’arte?

Quando si studia in un corso orientato all’arte contemporanea l’attenzione è più focalizzata su determinati media, tipo installazioni, video, suono, fotografia o sistemi ibridi. Finché sono stata studentessa anche io mi sono cimentata con questi linguaggi e ho imparato molto. Dalla fine del 2017 ho sentito il bisogno di utilizzare dei medium più accessibili e tangibili, così sono passata al bidimensionale, attraverso i collage e i vari studi effettuati sulla materia. È iniziata così una lunghissima serie, ancora in corso, di esercizi di composizione e di scoperta delle varie textures e materiali. La pittura è il mezzo espressivo più intimo a disposizione di un artista, ogni dipinto porta con sé il risultato dei processi di codificazione e trasmissione di ciò che è stato assimilato in precedenza attraverso il nostro corpo. In pittura e nel disegno mi sento totalmente a mio agio, il lavoro dipende da me che mi sporco le mani, inizia da zero e finisce con il mio solo operato. Per adesso sento la pittura come il mezzo più adatto alla mia espressione, però prossimamente vorrei cimentarmi con la scultura in legno.


Con la scultura vuoi sempre mantenere le tue linee astratte?

Si, tenendo come riferimento i miei lavori, vorrei poterli sviluppare in tre dimensioni, così da avere un'opera osservabile da tutti i lati, come fossero tanti quadri che mutano a seconda del punto di vista, ma inclusi in una unica realizzazione .


Osservando le tue opere, sembra di notare un aspetto architettonico, diciamo tridimensionale, che poi è evoluto in figure più astratte e bidimensionali, è un’impressione corretta?

Diciamo che mantengo più linee di lavoro allo stesso tempo che si interconnettono e influenzano a vicenda.


Come “costruisci” i tuoi quadri? Utilizzi degli stencil, o degli attrezzi particolari per ottenere forme così nette e precise?

Prima di dipingere eseguo sempre un primo disegno ben dettagliato. I colori finali sulla tela sono il risultato di sovrapposizioni di strati colorati differenti e textures. La definizione delle forme deriva dall’utilizzo di pennelli in ottime condizioni, a volte nastri adesivi per definire le campiture e il contrasto delle tonalità.


Per quanto riguarda i colori che scegli, li valuti col crescere del quadro o quando inizi hai già l’immagine complessiva pronta nella mente?

Di solito alla base di ogni dipinto ci sono tre o quattro disegni realizzati su carta. I bozzetti cartacei mi aiutano ad orientarmi nello spazio più esteso della tela, ma successivamente aggiungo o elimino elementi ricercando una nuova armonia più adeguata alla dimensione e alla proporzione della tela. I colori che utilizzo in linea generale sono toni pastello, spesso opachi. Sono i colori che vedo intorno a me quando cammino per le strade della città, i muri, le facciate dei palazzi e delle case. Variano a secondo dei differenti momenti della giornata. I miei dipinti sono in parte una trasposizione di ciò che ho assimilato con gli occhi, non sono mai storie inventate.


Di questi colori che "raccogli", prendi dei campioni, come delle fotografie?

Dipende, a volte vengo colpita da un accostamento, da un contrasto, e lo voglio riprodurre, posso fare delle foto veloci con il telefono, ma alla fine, una volta di fronte alla tela, non si può fare affidamento su di una immagine digitale sullo schermo del cellulare. Quindi mi baso principalmente sulle mie sensazioni, e alla fine il colore giusto arriva.


Osservando i tuoi lavori è molto facile pensare a Kandinsky, è stato un’ispirazione per te? O hai altri “maestri” che ti hanno stimolato o lo fanno tutt’ora?

Ho una stima smisurata per Kandinsky ma principalmente per i suoi testi e per il ruolo che ha giocato nel contesto del Bauhaus. Da quando dipingo le mie referenze sono sconfinate. Quando si tratta di studiare e comprendere le relazioni tra i gruppi di colori, ma anche gli elementi fondamentali dell’architettura, mi rifaccio a Beato Angelico, Giotto, Sano di Pietro, Piero della Francesca ed altri artisti italiani compresi tra il 1300 e il 1600. Poi c’è il XX secolo che è davvero troppo ricco di referenze e interferenze, impossibile fare un riassunto in poche righe.

Negli ultimi anni mi son interessata molto al movimento Support/Surface, movimento francese della fine degli anni ’60, soprattutto al lavoro dell’artista Jean-Pierre Pincemin, e al movimento Co.Br.A. della fine degli anni ’50. In entrambi i casi ho trovato incredibile la maniera di utilizzare “la materia” in ambito pittorico.

Inoltre ho sempre trovato affascinanti le illustrazioni dei libri di scienza, soprattutto di chimica e biochimica. Senza tralasciare le illustrazioni a tema aerospaziale, cosmico, sulla fisica quantica, o fantascientifico.

A questo proposito voglio aggiungere un'altra cosa: in atelier non sono da sola, ma condivido lo spazio con un altro artista. Fin dall’inizio lo spirito di condivisione, di osservazione e anche il solo atto di chiedere un opinione altrui è stato fondamentale per l’evoluzione del mio lavoro e per la buona riuscita di un lavoro. É fondamentale scambiare conoscenze con altri artisti ed essere pronti e ricettivi di fronte a delle eventuali critiche.

Credo sia fondamentale mantenersi attenti, curiosi e cercare di assorbire tutto, sfruttare tutte le possibili esperienze, perché possono sempre portarti indietro elementi di ispirazione.



Sei una giovane e affermata artista, e sicuramente puoi essere di ispirazione per altri. Cosa vorresti dire a chi prova ad approcciarsi all’arte?

Secondo me non si nasce artisti, si può avere certamente una personalità creativa o comunque lo si voglia definire, ma poi diventa una questione di scelta. Si sceglie o no se perseguire un obiettivo, ragionato, e questo vale per tutti i campi. Io ho scelto tardi rispetto all’ufficiale tabella di marcia di formazione scolastica/accademica. Ho scelto dopo aver sperimentato altro. Direi che fortunatamente mi sono ufficialmente approcciata all’arte, come artista, da adulta. É stato necessario possedere una certa maturità e aver vissuto esperienze differenti in precedenza per comprendere davvero l’importanza di quel momento. Una volta presa la decisione è stato fondamentale, e lo sarà per sempre, lavorare sodo in atelier. Per me l’atelier è il luogo in cui passare le famose otto ore al giorno (spesso anche di più), tutti i giorni. Il momento che preferisco e dove mi sento meglio è la mattina, ma proseguo a lavorare fino a sera. A volte mi accorgo di perdere precisione nei tratti per la stanchezza, e allora mi concentro sui bozzetti, o su altri elementi che mi saranno utili una volta ripreso in mano i pennelli. E sinceramente non esiste altro luogo in cui preferirei stare. Tutto ha origine nell’atelier, l’atelier è il mio tempio, ed è da ciò scaturisce in quei frangenti che dipende la vita o la sopravvivenza di un artista.


Hai scelto questa strada, ma quando hai capito che sarebbe stata la tua professione?

La cosa fondamentale, quando si vuole vivere delle proprie opere, è ovviamente la galleria d'arte. Quando hai le tue opere in una galleria, che deve vendere, puoi pensare di vivere con la tua arte. Per quanto a volte, e per alcuni, vendere le proprie opere possa sembrare uno "sminuire" quest'ultime, e anch'io penso che una qualsiasi opera d'arte abbia un valore "infinito" non racchiudibile in un numero, l'attività di vendita mi permette di vivere facendo quello che più amo fare.


Negli ultimi anni hai esposto in Portogallo, Spagna e Francia, potremo vedere i tuoi lavori anche in Italia prossimamente?

Al momento i miei lavori sono esposti in una galleria a Lille in Francia e due gallerie portoghesi, una a Lisbona e l’altra a Coimbra. In Italia se tutto va bene ci vediamo nel 2023!


Personalmente ho visitato Porto l’estate scorsa e sono rimasto molto colpito. Vedendo i tuoi quadri e pensando al tuo legame col Portogallo mi viene una “provocazione”: non hai mai pensato di reinterpretare i famosi azulejos con il tuo stile astratto, o magari utilizzare quegli specifici colori in una tua opera?

L’arte della ceramica fa parte della tradizione e della cultura portoghese. A Porto esistono tantissimi atelier in cui fanno conoscere, apprezzare e fare la ceramica. Adoro vedere le azulejos sulle facciate dei palazzi e mi piace osservare anche come cambiano e si evolvono i colori degli smalti con il passare degli anni e delle intemperie. Sono una caratteristica fondamentale della città e ne compongono l’anima. D’altro canto purtroppo non mi sento molto affine con questa tecnica. L’atto di creazione con la ceramica si differenzia dalla pittura o dal disegno soprattutto per un passaggio fondamentale, la cottura. La cottura non dipende dall’artista ma dal forno e, almeno che non si sia degli esperti ceramisti, il risultato finale dei colori si controlla solo fino a un certo punto. Questa mancanza di controllo, il non sapere subito che colore otterrò alla fine del processo, mi manda in confusione. Quando dipingo, sento di avere il pieno controllo su quello che sto realizzando, domino completamente l'opera ed il suo evolversi. Con questo non voglio chiudere la porta in faccia a una tale esperienza, ma prima di intraprenderla devo studiare e prepararmi di più.


Ringraziamo ancora Serena per la disponibilità e la simpatia, augurandole di proseguire il suo percorso con ulteriore successo e soddisfazione, con la speranza di poterla incontrare di persona di fronte alle sue bellissime opere.



Fonti immagini: https://serenabarbieri.art e https://www.instagram.com/sere.barbieri/




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