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  • Immagine del redattoreIl Mio Salotto

Francesco Polazzi: Intervista a Bologna, nello studio dell'artista.

Aggiornamento: 2 mag 2022

Il 22 Novembre scorso, Il Mio Salotto, ha fatto scalo a Bologna, precisamente nello studio dell'artista Francesco Polazzi . Francesco ci ha ospitati, in questo caso, nel "suo salotto" e ci ha permesso di fargli alcune domande per scoprire chi c'è dietro a questi quadri pieni di vibranti colori e vitalità che mixano il realistico e l'iconico, con l'astratto, in stili e tecniche miste con un pizzico di influenza dalla street-art.



Quando hai iniziato a fare arte? Ascoltando le interviste di molti artisti e cantanti, viene sempre fuori la parola esigenza, che fanno arte per esigenza, anche per te e’ così?

Ho due risposte a questa domanda: da un certo punto di vista ho iniziato a “fare arte” sin da bambino, da quando a 4 anni riproducevo con il pongo ciò che vedevo in tv o nei parchi - da questo punto di vista, si può dire che ci fosse dentro di me una sorta di forma inconscia e già fluente di creatività. Seconda risposta: ho iniziato a dipingere quando a 22 anni me ne andai dall’Italia, dopo aver finito una Laurea triennale in Filosofia - in questo caso, direi che il fatto di cambiare setting alla mia vita, uscire dalla comfort zone bolognese, mi ha permesso di conoscere un lato di me stesso quasi dimenticato.

Penso che l’arte sia un’esigenza e una liberazione (o una illusione di liberazione) - fare arte è una richiesta fatta sia dal corpo che dalla mente - sono convinto che non ci sia una vera e propria differenza, in effetti, tra corpo e mente, o che quantomeno non siano due cose disgiunte. L’arte è un’esigenza di tutti, ma non tutti capiscono di averla.

Hai viaggiato molto, lo hai fatto per piacere o per necessità legate alla tua crescita come artista e promozione della tua arte? (inteso come se ha pensato di lasciare l'Italia perché non aveva le stesse opportunità qui) o entrambe?

Ho viaggiato per il gusto di conoscere nuovi luoghi, nuove persone, fare nuove esperienze, prima di tutto. In secondo luogo devo dire che spesso ho viaggiato per l’arte, avendo fatto mostre in tutta Europa. Quindi si, direi entrambe.

Da cosa nasce la decisione di tornare in Italia?

L’Italia è il paese più bello del mondo. Sembra un luogo comune ma non lo è. Per quanto per molto tempo abbia voluto credere di non avere radici, mi sono accorto, tornando a Bologna, che io appartengo in un certo senso a questo luogo; alle sue strade, le sue persone, i suoi odori, la sua luce (soprattutto quella di Settembre, di fine estate, che fa sembrare Bologna tanto bella quanto una piccola Parigi, con le sue tante tonalità di giallo, dal brillante al tenue). Penso inoltre che, anche se cerchiamo di convincerci che non sia così, l’Italia ha tante potenzialità inespresse - questo è il motivo, forse, per cui molti giovani scappano all’estero; penso che la vera sfida sia rimanere in Italia e riuscire a fare grandi cose proprio qui, dove sembra più difficile.

Ti sei ispirato a qualche artista in particolare per trovare un tuo stile?

Ho avuto tanti modelli, da cui presto o tardi ho sempre deciso di distaccarmi; penso che il mio modo di dipingere sia influenzato da quello di tutti questi artisti. Inizialmente Basquiat, Picasso, Mirò, Warhol, Richter - poi Matisse, Cézanne, Morandi, Gino Rossi. Cerco comunque sempre di mantenere le distanze dai miei pittori preferiti, così da non diventarne un’inutile copia.

Come scegli il soggetto di un tuo lavoro?

Inizialmente, i primi anni, andavo di getto sulla tela, senza decidere un soggetto che poi sarebbe nato nell’emergere dei colori - l’improvvisazione e la vita colta sul suo nascere erano le caratteristiche di quel mio periodo, in cui stavo prendendo le misure alla pittura.

Da qualche tempo a questa parte mi sto focalizzando sul paesaggio, sia di campagna che di città; la pittura en plein air è un modo di dipingere che quando si prova è molto difficile lasciare. Spesso però le scelte dei soggetti sono dettate dalla clientela che mi chiede magari un ritratto, un paesaggio, il ritratto di un animale domestico, sempre comunque qualcosa di caro alla persona che mi commissiona il lavoro - quando noto questo loro attaccamento alle cose che poi devo dipingere mi rendo conto della mia responsabilità, e cerco sempre di dare il massimo per creare una pittura emotivamente comunicativa.

Hai qualche altro lavoro oltre alla carriera d’artista?

Fino a 4 anni fa ho lavorato in cucina; è grazie a questo lavoro se ho potuto viaggiare tanto e comprarmi il materiale per dipingere. Da 4 anni a questa parte lavoro come artista, nel mio studio in via Turati, a Bologna.

Come vivi quando ti viene chiesto il significato dietro ad una tua opera? Preferisci lasciare rispondere a questa domanda a chi si approccia alle tue opere o preferisce dare tu un”interpretazione?

Chiaramente io dò sempre un significato alle mie opere, e non mi dispiace, il più delle volte, comunicarlo - spesso ho notato però che lo spettatore trova altri significati nel mio lavoro, i quali (di solito) giudico ugualmente validi.

Che rapporto hai coi critici d’arte?

Spesso ho avuto conversazioni proficue con critici, galleristi, curatori, professori e accademici. Discutere d’arte con esperti del settore può aiutare ad ampliare i propri orizzonti, ma alla fine sono sempre io a decidere cosa, istintivamente, mi piace dipingere.

Chi sono gli acquirenti delle tue opere? sono differenti tra loro o hai uno specifico target di compratori o soggetti interessati alla tua arte?

Ho acquirenti in tutto il mondo; spesso giovani, ma anche di altre età. Devo dire che questo mi fa piacere, vedere che il mio lavoro può essere apprezzato da persone con un mindset giovanile tanto quanto uno più esperto.

Come sei riuscito a passare da fare arte magari solo per passione inizialmente, a farne un lavoro tanto da avere delle mostre?

E’ stato un passaggio abbastanza naturale; sin da subito, dai primi quadri, mi è stato proposto mi metterli in mostra in galleria (sino dai primi giorni a Birmingham, U.K.) - inizialmente era “solo” una passione ma da subito ho iniziato anche a fare mostre.

Hai memoria di un momento particolare in cui hai realizzato di essere riuscito a fare dell'arte il tuo lavoro?

Sicuramente, banalmente l’aprire una partita iva mi ha fatto pensare che la pittura era effettivamente diventata un lavoro. Ma quando si dipinge, le categorie di lavoro,

passione, tempo libero, in un certo senso si fondono e diventano un’unica esperienza di vita nonostante, ovviamente, come in ogni vita, ci siano alti e bassi, momenti entusiasmanti e noiosi.

Quest’ultimo anno per molti e’ stato un anno catartico e di introspezione personale, tu come lo hai vissuto? cosa ti ha lasciato?

Sono una persona di natura introspettiva, quindi in realtà non ho avuto troppi problemi ad abituarmi ad una situazione di lavoro in isolamento (fortunatamente vivo immerso nel verde). Inoltre negli ultimi due anni ho preso la decisione di iscrivermi alla Laurea magistrale in Scienze filosofiche, che ho completato a Luglio - pittura e filosofia mi hanno tenuto compagnia in questo periodo drammatico, e non potrei davvero lamentarmi di ciò.


Il Team de Il Mio Salotto non si ferma qua! a breve nuove interviste. Questa è stata la prima di una lunga serie! Continuate a seguirci!!!


 



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