Il Mio Salotto
Banksy: Arte nell'ombra
Aggiornamento: 2 mag 2022
Durante un viaggio in Spagna qualche mese fa mi ritrovai quasi per caso a Barcellona, dove in uno dei tanti discorsi da ostello si finì a parlare della mostra di Banksy.
"Ma come!? Banksy il grande artista rivoluzionario senza volto. Che a gran voce , e colpi di bomboletta spray, combatte contro le tante disuguaglianze di una società sempre più schiava di un sistema capitalista e irrazionale... Ora dovrei pagare un biglietto per vedere le sue opere?" Raccolsi punti di vista interessanti e ovviamente ci andai lo stesso.
Così il giorno seguente (con nove euro) mi ritrovai ad una delle più belle esposizioni artistiche da me visitate. Due ampli corridoi con esposizioni ricreate direttamente sui muri, a onor del vero dell’artista inglese, e altre due spaziose sale con quadri e schermi proiettanti in loop video delle più grandi stravaganze che lo contraddistinguono.
In particolare ci tengo a riportarne due corti che erano presenti a cui sono affezionato, perché entrambi sono modi banali e fanciulleschi di prendere in giro un’intera società e in particolare i propri estimatori, lasciando tutti a bocca aperta:
Il primo è la semplice esposizione di una bancarella sgangherata tra una delle vie più trafficate di San Francisco, dove in vendita erano presenti a prezzi stracciati decine delle sue opere; non essendo firmate e con un anziano barbuto a vendere le tele furono pochi i fortunati a portare a casa quelli che all’asta sarebbero valsi centinaia e forse migliaia di euro.
Il gioco è semplice e divertente ma se ci si ferma un secondo a riflettere viene subito a galla uno dei cavalli di battaglia nella carriera di Banksy, la lotta all’omologazione. Uno scherzo “banale” che ci sbatte subito in faccia un quesito filosofico sulla natura umana: perché se un pezzo d’arte attira a sé aste a livello mondiale e fa grandi numeri, lo vogliono tutti, mentre se lo stesso medesimo pezzo viene venduto per strada senza troppe pubblicità nessuno se ne importa? Non è bello ciò che è bello ma ciò che piace; e io dopo questa non ci credo più.
Il secondo video riporta invece un complicato trucco meccanico che riguarda un tritacarta inserito nella cornice di un quadro, donato anni prima dall’artista ,a cui bisogna riconoscere la grande previdenza nell’immaginare ciò che sarebbe accaduto; così nel momento in cui il quadro venne venduto all’asta per la modica cifra di 1,18 milioni di euro il meccanismo venne attivato. Potete immaginare le facce dei presenti nel vedere il dipinto triturato che svolazza per terra. Poche ore dopo Bansky si limita a commentare il fatto citando Picasso
“Ogni desiderio di distruzione è anche un desiderio di creazione”
sbalordendo così ancor di più tutti quanti e perché no, illuminando i suoi seguaci, donando un po’ di speranza all’umiltà umana.
L’esposizione continua con le opere più riconosciute dell’artista inglese, dalla bambina col palloncino rosso, a una coppia di poliziotti che si baciano in un abbraccio da far invidia a ogni film parigino. E io mi lascio trasportare tra la bellezza di quelle immagini, l’ironia dei contesti e la rabbia per l’indifferenza che trasuda da ogni opera.

Il suo stile principale è lo stencil ovvero il ritaglio di sagome poi poste una sopra l’altra, un’arte all’apparenza più semplice del disegno a mano libera, ma comunque in grado di donare un forte e chiaro messaggio, punto di forza indiscusso delle sue opere. Divertente e anch’essa stracolma di umiltà, l’affermazione di Banksy in una delle rarissime interviste da lui rilasciate, in cui dice di aver iniziato con gli stencil perché a mano libera era davvero un pessimo disegnatore.
Oltre quindi all’impatto visivo immediato che i suoi disegni trasmettono, spicca particolarmente il suo odio verso l’ordine imposto ,una sottile e continua presa in giro che fa scappare un sorriso, fievole e passeggero, perché subito dopo è travolgente il messaggio sottostante, mai troppo nascosto, mai indiretto. Traghettatore di tematiche spesso pesanti e inquietanti, passando dallo sfruttamento dei paesi più poveri alla calendarizzazione di guerre e conflitti a scopo di lucro, o ancora all’allarmante espansione tossica dei media, pronti a bombardarci di notizie in ogni istante nascondendo la verità sotto un sottile velo di pietà.
Sono innumerevoli le opere e come già detto ognuna ha l’incredibile forza di portare l’osservatore dritto al messaggio; ma la caratteristica che in particolare contraddistingue l’artista inglese, donandogli tutta la sua credibilità, è a parer mio la sua identità ancora nascosta.
Anche dopo anni di successi internazionali Banksy non ha un volto, addirittura non è certo il suo paese natale né la sua età. Che possa esser questo il segreto dietro la sua imprevedibilità? Non lo sappiamo, ma ciò di cui sono certo è che Banksy non ha tradito se stesso.
Pensateci.. un uomo che vive della sua arte e combatte a mani nude contro una società che ha riconosciuto marcia dall’interno, un uomo che denuncia l’arricchimento di pochi a sfavore di tanti, sempre dalla parte dei più deboli; come potrebbe mai un uomo del genere vendersi al mondo, stampando la sua faccia sulle copertine di ogni rivista. Banksy non ha paura di mostrarsi al pubblico, nasconde la sua identità per proteggere la veridicità delle sue opere, per lasciarle parlare al posto suo, ha capito che per poter combattere contro un sistema mille volte più grande di lui bisogna saper sacrificare tutto.

Due ore dopo essere entrato ancora non ne avevo percorso la metà.
Avvolto nei messaggi lasciati dalla pittura, inondato da tragedie e infamie dal mondo intero tutte racchiuse dai tagli nei plasticati banksyiani e subito dopo la chiara consapevolezza di un popolo che sta a guardare e ci ride su con un bicchiere di Champagne.
Topi e Champagne sono immagini ricorrenti tra le mura del salone, salendo le scale di un soppalco si è fiancheggiati da un topo che felice vola sul tappo stappato da una bottiglia ghiacciata e tutto ci ricongiunge al nostro presente, veloce e spensierato, sempre più passeggero, con l’immagine di te che prende possesso di ciò che sei. Topi e Champagne.
Infine la guerra. Tematica ovviamente molto riportata nelle opere di Banksy. Tra i tanti trovo fondamentale riportare il suo viaggio a Gerusalemme, dove ha potuto dipingere su un muro forse un po più speciale rispetto a tutti gli altri: si tratta della grande muraglia sorta intorno alla città per dividere la popolazione ebraica da quella palestinese, ovviamente non è nemmeno da commentare l’assurdità del gesto che sembra poter materializzare perfettamente la chiusura mentale della popolazione ebraica anche dopo tutti gli atroci esempi che ci dona il passato ,su come le differenze, ancora una volta, dovrebbero essere apprezzate e usate per una crescita collettiva anziché, come ancora troppo spesso accade, nascoste e addirittura minacciate. Cosa può esserci quindi di meglio se non un paio di elicotteri da battaglia che volano minacciosi pitturati di nero sull’alto muro di cemento, con però sulla cabina di pilotaggio un grazioso fiocco rosa o rosso, a distorcere ogni sentimento provatosi nell’ammirarlo.
Ancora una volta il messaggio è semplice , diretto e ironico. Quasi a voler supplicare in ogni modo l’attenzione di una massa che osserva, si indegna, magari compra, e poi dimentica.

Esco dalla mostra dopo ore e solo in quel momento mi accorgo di aver intrapreso una lunga riflessione totalmente inconscia.
Banksy ha colpito a fondo dentro me lasciandomi un sapore amaro in bocca e una forte determinazione nel voler combattere tutto ciò che stiamo diventando a favore di un mondo più semplice di così, più diretto. Come i suoi dipinti.
Immagini scattate alla mostra "The World of Banksy" dedicata all'artista a Barcellona -18 Nov 2020 - 31 Dec 2022
